Cass. pen. Sez. V, ud. 09 maggio 2017 – dep 15 giugno 2017, n. 29885

Integra il delitto di bancarotta impropria da falso in bilancio, l’amministratore societario che consenta la permanenza, nel bilancio della fallita, di un credito in realtà da anni inesigibile, senza operare la dovuta svalutazione, in tal modo consentendo alla società di proseguire l’attività senza prendere atto che il patrimonio netto è divenuto negativo e che, pertanto, è necessario provvedere alla sua ricapitalizzazione, alla sua liquidazione, ovvero alla richiesta di fallimento. Tale condotta trova la sua corretta qualificazione nell’ipotesi di cui all’art. 223, comma 2, n. 1, della legge fallimentare ( R.D. n. 267 del 1942 ), nella parte in cui punisce chiunque cagioni, o concorra a cagionare, commettendo i delitti societari indicati, il dissesto della società (quale squilibrio economico che conduce la stessa al fallimento), così sanzionando la condotta sia di chi il dissesto lo ha interamente cagionato, sia chi ne ha causato una parte, e dunque lo ha aggravato, giacché il dissesto, nei suoi termini economici, non costituisce un dato di fatto immodificabile e può, pertanto, essere reso ancora più grave.